L’investimento più sicuro è quello sulle donne e sugli uomini di domani

Povertà minorile nell’Italia della crisi

Intervento di Sandra Zampa alla “Presentazione degli atti dell’indagine conoscitiva: poverta’ e disagio minorile” al Senato il 30 giugno 2015

Signor Presidente, Colleghe e Colleghi,

la Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza ha fortemente voluto questa indagine conoscitiva sulla povertà e il disagio minorile raccogliendo segnali di allarme già emersi nella passata legislatura, a partire dal 2011.

Il documento conclusivo che ho avuto l’onore di curare è a disposizione da qualche tempo sul sito del Parlamento e sono grata a chi ha voluto promuoverne la conoscenza oltre che a chi ne ha raccolto il valore, a lei presidente Grasso e al ministro Poletti. E’ di ieri il dato fornito da una nuova indagine sulla povertà in Italia che ci conferma che sono un milione e 300 i minori colpiti da indigenza. La ricerca condotta dal Banco alimentare rilancia l’allarme per dati inimmaginabili per uno dei paesi più industrializzati del mondo quale il nostro. Nella ricca Lombardia l’incidenza dei bambini che non possono ricevere un’alimentazione sufficiente è di 13 su 100, a metà strada tra il 3% del Molise e il tragico 25% della calabria. La povertà alimentare segna la vita di 5 milioni e mezzo di italiani in particolare se coppie con tre o più figli a carico. Il dato (25%) colloca l’Italia più vicino agli stati membri di recente ingresso nella UE (28%) che alla media europea (12%).  Ciò che colpisce, e che anche l’indagine conoscitiva della Commissione evidenzia fortemente, è che la corsa a questo triste traguardo prende il via proprio nel momento in cui la crisi economico-finanziaria esplode. Se paragoniamo i dati attuali a quelli del 2008 emerge che la percentuale di famiglie che non si possono permettere un pasto proteico ogni due giorni è più che raddoppiata. Naturalmente il sud guida la classifica. Un segnale di fallimento del decisore politico che, proprio nel momento in cui la crisi avanzava non ha saputo o voluto mettere in campo politiche di contrasto della povertà.

Non è stato così ovunque. I governi di Regno Unito, Francia e Germania hanno avviato programmi di riduzione del tasso di povertà minorile riuscendo a ridurlo,   rispettivamente, di tredici, undici e sette punti. L’Italia è ferma ad un solo punto di percentuale. E la ragione non è difficile da individuare: investiamo solo l’1,3% del nostro Pil in politiche di contrasto alla povertà contro la media europea che è oltre il 3%.

La condizione di povertà per un minore significa assenza o scarsissima possibilità di accedere a beni e servizi primari. Significa avere una scarsa alimentazione, povera di alimenti nobili, ossia carne, latte, frutta e verduta fresche. Significa non poter accedere alle cure sanitarie specialistiche: ortopediche, oculusitiche, dentarie. Non avere accesso agli studi superiori. Non poter frequentare palestre e non praticare sport. Non avere opportunità di imparare almeno una lingua straniera. Niente viaggi, niente cinema, niente musica. Significa restare a un livello di alfabetizzazione enormemente inferiore rispetto ai livelli europei e mondiali.

Non è solo una questione etica, un dovere morale intervenire per garantire ai minori i diritti che li riguardano e sanciti da tutte le convenzioni e i trattati internazionali, a cominciare dalla mai davvero corrisposta, Convenzione dei diritti del fanciullo di New York. Deve diventare una priorità politica l’inversione dello stato attuale delle cose. L’individuazione di politiche e riforme che diano nuovo slancio alla nostra economia e mirate in modo specifico al contrasto della povertà minorile devono entrare nell’agenda di governo.  Occorre che il governo, che ha ereditato una situazione drammatica, dia un segnale di inversione di tendenza. Ora, non dopo, non domani.

Finanziare il nuovo piano per l’Infanzia è un primo fatto, concreto, da realizzare entro la fine dell’anno. Chiediamo al governo di valutare l’opportunità di scorporare dal patto di stabilità gli investimenti per l’infanzia e l’adolescenza.  Estendere il tempo scuola, soprattutto nelle zone del Paese dove si concentra il più alto tasso di povertà infantile, come nel nostro mezzogiorno, può rappresentare una valida forma di contrasto della povertà e dell’esclusione sociale e scolastica. Esistono sul nostro territorio esperienze ottime sia nei servizi per la prima infanzia, sia nella scuola dell’obbligo. Ricordo e cito con piacere un’esperienza realizzata nella mia città, Bologna, dove una scuola media, inserita in un quartiere con forte presenza di famiglie a basso reddito e famiglie immigrate, resta aperta anche nel pomeriggio per consentire ai ragazzi di avere un luogo, sicuro, nel quale incontrarsi, studiare e nel quale anche i genitori possono organizzare incontri e scambi. Rimangono tuttavia esperienze localizzate, che non sono mai riuscite a diventare parte integrante del sistema scolastico e sono spesso esposte alla variabilità dei bilanci e della politica, nonostante la loro necessità sia diventata più acuta con l’arrivo di bambini e ragazzi che, oltre ad essere poveri, sono anche stranieri.

La società italiana di domani, vista attraverso la lente della povertà infantile deve suscitare in noi spavento e risposte immediate, perchè se così non sarà avremo una società di persone scarsamente preparate, non in possesso di strumenti culturali capaci di consentire il confronto con le società europee e non reggeremo il confronto con troppe nazioni a livello mondiale. Una popolazione che si si ammalerà più spesso perchè non curata in modo adeguato in età pediatrica è una società che peserà sul nostro sistema sanitario molto più di quanto non pesi oggi. Che avrà bisogno di essere sorretta molto più frequentemente dal sistema di welfare. Una società inadeguata alle sfide che ci attendono.

E povertà genera povertà: i figli di queste famiglie di domani saranno nelle stesse condizioni che furono dei loro genitori. Peggiorate dallo stato di povertà destinato, per incuria politica, a crescere.

Non esiste possibilità di ripresa per nessuno di noi se non saranno le giovani generazioni a determinare il cambiamento vero. Ogni euro investito nelle politiche per l’infanzia è un investimento per il futuro di tutto il paese. Non esiste nessun altro investimento che renderà di più in termini di crescita e di sviluppo: ognuno di questi minori potrebbe essere in grado, con la sua intelligenza e la sua creatività, di incidere sul domani del nostro paese in modo staordinario.

Sono i bambini di oggi gli uomini e le donne di un domani che deve essere migliore, per tutti. Sono loro il nostro investimento più sicuro.

Sandra Zampa
vice presidente della Commissione bicamerale Infanzia e Adolescenza

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