Il PD potrà vincere solo se torna ad ascoltare il Paese

Il tempo è poco ma possiamo recuperare e abbiamo il dovere di correre per vincere

Intervista di Francesco Ghidetti a Sandra Zampa su Quotidiano Nazionale del 23 luglio 2017

«Non siamo simpatici». Sandra Zampa, ascritta dai più alla categoria politica e culturale dei ‘prodiani’ ma in realtà spirito indipendente, come al solito non la manda a dire.

Il Pd cala sempre più nei sondaggi.

Lo vedo. Lo leggo. Lo capisco camminando per la strada. Senza fare la retorica dell’‘andare a fare la spesa nei mercati rionali’, avverto quanto abbiamo perso in simpatia tra la gente»

Non è che magari avete un problema di leadership?

«Mettiamola così: Renzi deve rinnovare la sua leadership con un’azione politica concreta».

Belle parole.

«No, è sostanza. Innovare significa guardare lontano. Oltre la siepe delle risse del passato, delle tensioni, senza sottovalutare nulla».

Che cosa avete sottovalutato?

«Meglio dire che cosa hanno sottovalutato i gruppi dirigenti. L’uscita, ormai antica, dei primi era un segnale inquietante. Far finta di niente, cavarsela con la solita alzata di spalle non ha portato a nulla. Anzi».

E poi quei pezzi da novanta che se ne sono andati…

«… hanno sbagliato profondamente. A me piace Giuliano Pisapia che dice: ‘Questa – riferendosi alla festa dell’Unità – è casa mia’. Ecco, lo spirito dev’esser quello».

Perdoni l’insistenza, ma ci sarà pure un problema di alleanze.

«Certo. C’è un problema di alleanze. C’è un problema di progetto e programmi. Se non chiarisci che cosa fare, tutto diventa inutile. E non c’è bisogno dei sondaggisti per capire che sei in crisi».

Rischio ingovernabilità alle porte.

«No, no, macché ‘alle porte’. Con questa legge elettorale la paralisi c’è già. La metto giù dura, ma oggi, dopo lo spettacolo non edificante dello ius soli, e dati i precari equilibri politici, non credo che leggi di civiltà come le unioni di fatto o la lotta al caporalato sarebbero passate».

Lontani i tempi del 40 per cento alle Europee.

«Io su questo punto ho una lettura differente. Quel successone non è stato ben interpretato. Era una fiduciosa apertura di credito. Con quel voto ci dissero: vediamo che cosa sapete fare adesso. Evidentemente non siamo stati all’altezza».

Perché?

«Perché, oltre a errori politici, abbiamo peccato di troppa sicurezza. Abbiamo mostrato eccessiva disinvoltura. Non siamo stati in grado di ascoltare il Paese».

Insomma, è fallito il progetto di una sinistra riformista per davvero.

«Ma no, affatto. Il tempo non è molto. Però abbiamo il dovere di provarci. Solo il Pd può portare alla vittoria uno schieramento di progresso».

La solita storia della vocazione maggioritaria?

«Un momento. Anche qui c’è stato un equivoco. Per vocazione maggioritaria si intendeva dire che il Pd poteva essere il catalizzatore dell’azione del centro e della sinistra. Ma non si voleva esaurire tutto il resto! Era una ricerca del punto di equilibrio».

Che ora latita.

«Che ora non c’è più. Lo vediamo bene come ogni gruppo politico sia impegnato a esasperare la propria identità. Per questo parlavo delle leggi giuste che oggi farebbero molta fatica a passare».

Alcuni dei vostri scoprono la semplificazione…

«… e vanno dietro alle assurdità dei grillini. Che sono un movimento di destra nella sua maggioranza».

Altri tempi con l’Ulivo, eh?

«Ehhhh, sì. Prodi ha costruito passo dopo passo un rapporto coi cittadini. E, specie nel suo primo governo, si vedeva come alla politica era stata restituita dignità. Sì, il primo Ulivo è rimasto proprio insuperato».

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