Una società a misura di bambino è una società a misura d’uomo.

Ieri, primo maggio, ho avuto il piacere di partecipare al convegno ” Una scuola di qualità nei paesi di montagna” che si è svolto a Tredozio, piccolo e molto accogliente Comune della provincia montana di Forlì e Cesena.

Ho accolto davvero volentieri l’invito che l’Amministrazione comunale di Tredozio mi ha rivolto ed è stata, questa, l’occasione per toccare con mano, una volta di più, quanto la nostra scuola pubblica sappia rappresentare, per i giovani, una grande e unica possibilità di realizzazione di sè, delle proprie aspirazioni e delle proprie possibilità. Ho trovato un clima attento e premuroso, una scuola ben tenuta e fra il pubblico c’erano anche numerosi giovanissimi studenti della scuola secondaria, mentre i più piccoli giocavano nel grande cortile.

Nel corso del 2009 mi sono interessata alle sorti di questa scuola e ho accolto e sostenuto con una mozione l’appello dei sindaci dei Comuni di montagna della provincia di Forlì e Cesena in difesa delle loro scuole. Questa di Tredozio, come tante altre sul nostro territorio nazionale, sono realtà vitali e fondamentali per la società nella quale sono inserite.

E’ urgente una normativa che le tuteli e che garantisca mezzi e strumenti idonei alle loro specificità.

Ho festeggiato così, in modo davvero sentito, il giorno dedicato al lavoro assieme ai docenti e agli operatori della scuola, una categoria di lavoratori che ha pagato e sta pagando un prezzo altissimo a causa di una pessima legge sulla Scuola e della cecità di questo governo che sacrifica l’istruzione pubblica solo per ragioni di cassa.

Qui di seguito trovate il mio intervento.

“So bene che degli errori sono stati commessi, che si è allargato, talvolta con eccessivo ottimismo, senza tenere adeguatamente conto delle conseguenze. Resto però convinto che il fenomeno dell’universalizzazione della scuola sia un fatto politico di prima grandezza che fa tutt’uno con lo sviluppo di una società democratica. Esso sovrasta le nostre debolezze: è veramente più grande di noi”.

[Aldo Moro]

Ho accolto davvero con grande piacere il vostro invito di oggi per diversi motivi: sono nata non lontano da qui, a Mercato Saraceno, e ho un legame forte con questa terra. Mio padre è stato direttore dell’Ufficio tecnico comunale, e per professione e per passione, ha dedicato una vita alla difesa e alla tutela dei piccoli comuni e dei piccoli centri -ricordo le sue battaglie per garantire fondi sufficienti alla vita delle nostre piccole comunità-.

Infine sono figlia di una maestra che per tutti gli anni ‘50 ha insegnato in scuole di campagna e di montagna, in pluriclassi, in contesti che lei ricordava come i più vivi e vitali di tutta la sua esperienza di insegnante. Ripeteva spesso che grazie a quelle comunità che l’avevano accolta e a quei bambini di montagna aveva davvero imparato ad essere maestra e insegnante: era stato un arricchimento insostituibile e ne conservava un ricordo bellissimo. E la tradizione continua: mia sorella insegna per scelta in una scuola di montagna del Comune di Bagno di Romagna, e la sua esperienza, pur se tanti anni dopo quella di nostra madre, è allo stesso modo arricchente e formativa.

Difendere la Scuola pubblica, tutta, a partire dalle realtà numericamente più deboli, può sembrare un paradosso in tempo di tagli e di crisi economica. Si fatica a far comprendere che rinunciare alla Scuola per un piccolo Comune significa mettere in serio pericolo la vita stessa di quella piccola comunità. Rinunciare alle scuole di montagna non rappresenta un risparmio, se si sa e si vuole uscire dalla logica del “far cassa” e se, allo stesso tempo, si tiene conto dei costi costi sociali e culturali altissimi che la scomparsa delle sedi più decentrate può comportare. Con la scomparsa della scuola scomparirebbero infatti altri servizi fondamentali alla vita della comunità.L’abbandono dei paesi, da parte delle famiglie giovani che si trasferiscono in città o in pianura, comporta un costo economico rilevantese si vuole riuscire a garantire gli essenziali diritti, ad esempio, di assistenza alla popolazione anziana. Privare un paese della Scuola significa indurre allo spopolamento e alla presa in carico da parte delle istituzioni dei servizi di assistenza che la permanenza dei giovani può garantire a minor costo.

Quali sono il valore e la forza delle scuole di montagna e quale “modello” possono costituire per il resto del Paese? Innanzitutto la forza della relazione con la comunità locale e il legame con l’habitat naturale che purtroppo è precluso alle scuole di città e soprattutto delle periferie urbane.Così come si esprime una Dirigente scolastica di montagna

“Il tutto è inserito in un contesto di riferimento fatto di senso di appartenenza, di legame con il territorio, di forte solidarietà sociale, di situazioni socio- emotive”

La Scuola non è l’edificio o le aule con i banchi, separate dal contesto sociale. I maestri non sono solo gli operatori scolastici inviati a volte da lontano ma, quando sono animati da una forte motivazione pedagogico-didattica, finiscono per diventare a loro volta degli alunni che imparano dalla gente del posto, che non disdegnano di far entrare altri “maestri” come gli anziani, gli agricoltori, gli artigiani di montagna a far lezione per gli alunni e per sé stessi. Ma è soprattutto l’ambiente circostante a fungere da “aula aperta” dove si apprendono cose che altrove bisogna mostrare attraverso materiale audiovisivo o riproduzioni in
laboratorio. Dove si apprendono saperi che nessun materiale audiovisivo può
insegnare.

Questa prospettiva che ha al centro la montagna come risorsa per un intero territorio, attende una nuova impostazione normativa e istituzionale e contrasta evidentemente con ogni intervento che tenda ad impoverire i territori di montagna e a non assicurare diritti sociali e civili ai cittadini. Primo fra tutti il diritto all’istruzione. Il Partito Democratico ha condotto una lunga campagna di informazione sulla Legge di riforma voluta dal Ministro Gelmini e ha difeso in aula, così come in tutte le sedi competenti, la scuola pubblica da questa azione di governo che impoverisce tutto il mondo della scuola, non garantisce ai cittadini pari opportunità di accesso all’istruzione pubblica e mette in serio pericolo di sopravvivenza le comunità dei centri di montagna.

Anche l’ANCI, in un documento approvato il 12 novembre scorso dalla Commissione Istruzione e Scuola, chiede la salvaguardia dell’istruzione nei piccoli Comuni e propone di convocare sulle questioni specifiche della Scuola un incontro a livello nazionale. Intanto la Regione Emilia Romagna per l’anno 2010, in questa grave situazione, ha stanziato 10 milioni per aiutare subito la scuola sul nostro territorio, 2 milioni dei quali finalizzati a evitare che anche solo un bambino resti fuori dalla scuola dell’infanzia.

Ma è necessaria una volontà politica diversa da parte del governo, una presa di coscienza reale che consenta di affrontare il problema della scuola per quello che è realmente e non assoggettarlo alle necessità di cassa, come è stato fatto. Il mondo investe nella scuola, il nostro Paese ha tagliato risorse, annullato esperienze formative e didattiche, come il tempo pieno inteso come tempo scuola e non parcheggio, ha messo in serio pericolo la sopravvivenza delle scuole di montagna, ha costretto a ricorrere alle pluriclassi in molte realtà. Ma sono i bambini e gli adolescenti di oggi il futuro, la speranza del domani. Ogni spesa a tutela del loro diritto all’istruzione, alla salute, al gioco, allo sport, ad una vita sana è un investimento per tutto il Paese che renderà molto più di quanto è costato.

Una società a misura di bambino è una società a misura d’uomo.

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