Libertà d’opinione, non di diffamazione

ott 11, 2012 Categorie: Media ,Sui mass media

Libertà d’opinione, non di diffamazione

Articolo di Sandra Zampa su L’Unità del 11 ottobre 2012

E’ tempo che il Parlamento approvi quanto prima una legge che cancellando il carcere per la diffamazione a mezzo stampa, sostituendolo con altre sanzioni – pecuniarie e amministrative – non rinunciando a tutelare le vittime della diffamazione, rafforzi la libertà e la democrazia». Sulle colonne di questo quotidiano il vicepresidente del Senato, Vannino Chiti, formulava qualche giorno fa (domenica 7 ottobre), questo auspicio in vista della riforma delle norme sulla diffamazione a mezzo stampa. Difficile non condividere un auspicio così saggio che l’Europa per prima ci chiede di realizzare.

Il problema ha fatto irruzione nell’attualità politica sulla spinta del cosiddetto «caso Sallusti» e ha sollevato un’unanime soluzione: quelle norme vanno cambiate perché è da liberticidi mandare in prigione un giornalista per un’opinione, anzi per il mancato controllo su un’opinione altrui. Anch’io mi unisco volentieri al coro che sollecita la riforma delle norme sulla diffamazione ritenendo però che l’unico aspetto positivo del «caso Sallusti» consista precisamente nell’aver riaperto rumorosamente la questione.

Su tutti gli altri aspetti di questa come di altre vicende, lo dico da giornalista prima di tutto, occorre invece una riflessione seria e urgente tanto quanto la riforma delle norme liberticide che coinvolga prima di tutto i professionisti dell’informazione, l’Ordine dei giornalisti e la Fnsi. In gioco c’è la credibilità della categoria, la fiducia dell’ opinione pubblica e – mi sia perdonata l’enfasi – quel po’ di verità che fa dell’informazione un servizio pubblico, un prodotto speciale che non sta sul mercato come gli altri.

Il caso Sallusti si presta perfettamente alla riflessione. Si può considerare reato di opinione la pubblicazione di una falsa notizia deliberatamente confezionata per provocare una reazione indignata nell’opinione pubblica? Si può accettare che il direttore di una testata pubblichi, aggirando le regole e buttandosi dietro le spalle la deontologia professionale, un pezzo scritto da un giornalista radiato dall’Albo, coprendolo con uno pseudonimo? Come si fa a dimenticare che il querelante aveva dato disponibilità a chiudere il caso accettando scuse, rettifica e risarcimento danno (da elargire a Save the Children)? Va bene così? A me non pare proprio.

Se qualcuno colpisce deliberatamente con un falso la dignità e l’onorabilità di una persona innocente, possiamo dire che siamo in presenza di un «reato di opinione»? A me non pare. Forse non ho studiato sui manuali giusti quando mi sono preparata per l’esame di stato o l’ho superato immeritatamente, ma resto convinta che il reato di opinione sia cosa diversa dalla deliberata pubblicazione di false notizie così come resto convinta che un direttore che aggira norme e deontologia della propria professione sia un grave problema. L’Ordine dei giornalisti dovrebbe interrogarsi sul senso della propria esistenza a questo punto.

C’è infine un secondo aspetto da considerare: quello del diffamato. Se la falsa notizia avesse riguardato non un magistrato, che si presume solido anche perché supportato dalle proprie competenze giuridiche, ma una personalità fragile e gliene fosse derivata una conseguenza grave, cosa avrebbe potuto risarcirlo? Comprendo perciò e rispetto totalmente le parole del giudice Cocilovo, autore della querela contro Sallusti ma soprattutto vittima di quella spiritosa notizia intitolata: «Costretta ad abortire da genitore e giudice» (lui è il giudice in questione) firmata da Dreyfus-Betulla, già condannato per le falsità contro altri protagonisti della vita politica italiana.

Cocilovo ha commentato così la notizia della condanna: «L’unica cosa a cui tenevo era che fosse ristabilita la verità dei fatti. Il carcere? Mi attengo alle leggi». Come dovremmo fare tutti: attenerci alle leggi. Come facciamo persino quando un adolescente sbaglia. Cambiamola dunque questa legge liberticida ma non facendo di Sallusti l’eroe della libertà né sull’onda di un «caso» che meriterebbe invece una vera riflessione sullo stato della professione del giornalista, al servizio della verità.

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abc last ott 11, 2012 Categorie: Media ,Sui mass media

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