Il viaggio in Armenia della delegazione Gruppo Amicizia con l’Armenia e Parlamentari italiani

ott 18, 2012 Categorie: Media ,Vi segnalo

Viaggio in Armenia della delegazione Gruppo Amicizia con l’Armenia e Parlamentari italiani

11-14 ottobre 2012 

Diario di viaggio di Paolo Rebaudengo.

La statua di Mesrop Mashtots

La statua di Mesrop Mashtots

Delegazione composta da:

On. Sandra Zampa, Presidente del Gruppo amicizia
Sen. Franco Asciutti, Vice Presidente del Gruppo
Sen. Albertina Soliani,
On. Paola Binetti
On. Giancarlo Mazzuca
On. Orsini
On. Renzo Lusetti
On. Roberto Menia
Dott. Paolo Rebaudengo, Segretario Gruppo amicizia
Sig.ra Annamaria Fraternali, segretaria presso Senato

Partiti da Roma Fiumicino alle 21 dell’11 ottobre (giovedì) 2012 siamo giunti a Yerevan alle 2 del giorno successivo.

Venerdì 12 ottobre. Il primo appuntamento, la mattina, molto opportunamente, è stata la visita al Matenadaran, il museo degli antichi manoscritti armeni. Esso infatti costituisce il luogo migliore per conoscere le radici culturali armene, l’importanza che la parola scritta e i libri, anche in quanto oggetto, hanno avuto nella storia dell’Armenia. Matenadaran significa «biblioteca», il nome ufficiale “Mesrop Mashtots’i anvan hin dzeragreri institut” sta per “Istituto Mesrop Mashtots di manoscritti antichi” (oltre 17.000 manoscritti e 100.000 documenti in lingua armena e in moltissime altre lingue).

E’ dedicato a Mesrop Mashtots, inventore dell’alfabeto armeno nel 396. La statua posta all’ingresso della biblioteca lo ritrae seduto con un braccio alzato puntato a indicare al suo primo allievo, inginocchiato reverente innanzi al maestro, la strada verso la parola scritta e la conoscenza. Le lettere dell’alfabeto armeno sono scolpite sulla parete alle spalle del Maestro. Come tutta la storia dell’Armenia, anche la storia del Matenadaran è complessa, sofferta ma con esiti di resistente e vincente presenza. Infatti è attestata l’esistenza di un “Matenadaran” a Echmiadzin, probabile opera dello stesso Mesrop Mashtots, contenente manoscritti risalenti al V secolo d.C.

Dopo essere stata trasferita nei pressi di Sis, nel periodo del Regno armeno di Cilicia, la collezione passò nella madrepatria tra Anatolia orientale e Caucaso
meridionale. Rimasta decimata all’inizio del XIX secolo, la collezione fu trasferita a Mosca dopo la rivoluzione russa e l’invasione sovietica. Tornò in Armenia nel 1922 e nel 1939 fu collocata nella Biblioteca Statale Aleksandr Myasnikyan di Yerevan, divenuta capitale della Repubblica Sovietica Armena.

Infine nel 1959 approdò nel nuovo attuale edificio, opera dell’architetto Mark Grigoryan che la realizzò tra il 1945 e il 1957. Il 14 maggio 2009, cinquantesimo anniversario della fondazione della biblioteca, sono stati inaugurati i lavori di costruzione di un istituto di ricerca adiacente al Matenadaran. I manoscritti e i documenti annoverati nella collezione dal Matenadaran riguardano le più disparate branche del sapere, tra cui Geografia, Medicina, Teologia, Storia, Scienze naturali. Oltre a migliaia di manoscritti in armeno, antico e moderno, il Matenadaran conta antichi scritti in più di 2.000 lingue diverse. Senza dubbio la più imponente istituzione del suo genere al mondo per quanto riguarda il patrimonio culturale armeno, il Matenadaran è seguito, per numero e rilevanza di manoscritti conservati da altri centri di cultura armena, dalla collezione del Monastero dei Padri Mechitaristi di San Lazzaro degli Armeni a Venezia (4.000 manoscritti) e dalla collezione del Patriarcato armeno di Gerusalemme.

Senza dubbio la più imponente istituzione del suo genere al mondo per quanto riguarda il patrimonio culturale armeno, il Matenadaran è seguito, per numero e rilevanza di manoscritti conservati da altri centri di cultura armena, dalla collezione del Monastero dei Padri Mechitaristi di San Lazzaro degli Armeni a Venezia (4.000 manoscritti) e dalla collezione del Patriarcato armeno di Gerusalemme.

Dopo una sosta in un ristorante rurale ad Abovyan abbiamo proseguito verso Geghard, nella provincia di Kotayk’, per visitare il monastero, un’eccezionale costruzione, in parte ricavata scavando nella roccia della montagna a cui esso si appoggia.

Le spettacolari guglie rocciose che cingono il monastero fanno parte della gola del fiume Azat. Non si conosce la data del primo insediamento, ma in una delle grotte sgorga ancora una fonte, ritenuta sacra sin da epoca precristiana. Intorno ad essa, al principio del sec. IV, fu fondato un monastero chiamato Airivank, ossia “”il monastero della grotta”, del quale non rimane più nulla. I monaci occuparono con le loro celle numerose cavità naturali, con pochissimi adattamenti che consentissero la regolarità della loro vita quotidiana. Sulla via d’accesso al monastero, la cappella di Grigory “l’Illuminatore” fu eretta prima del 1177, anch’essa in parte scavata nella roccia e in parte costruita, su pianta rettangolare, con l’abside a ferro di cavallo. In seguito, quando l’istituzione del monastero si sviluppò e divenne una potenza civile e sociale, furono costruite diverse chiese. Il nome attuale Geghard, attribuitogli nel XIII sec., significa “il monastero della lancia”, con riferimento a una delle tre lance che ferirono Cristo durante la crocifissione, che secondo la tradizione sarebbe stata portata in Armenia dall’apostolo Taddeo e conservata nel monastero insieme ad altre reliquie. Oggi è esposta a Etchmiadzin, sede del Patriarcato della Chiesa Apostolica d’Armenia.

Gavit del Monastero di Geghard

Gavit del Monastero di Geghard

La chiesa principale venne costruita nel 1215 col patrocinio dei fratelli Zagare e Ivane, generali della regina Tamar di Georgia, che riconquistò gran parte dell’Armenia ai Turchi. Il gavit per metà scavato nella roccia, è antecedente al 1225, e una serie di cappelle scolpite nella roccia sono della metà del XIII secolo, periodo in cui il principe Prosh Khaghbakian, vassallo della famiglia Zakarian e fondatore del principato di Proshian, acquistò il monastero. Il gavit è una sorta di nartece che si trova esclusivamente nell’architettura armena, spesso adiacente al lato occidentale della chiesa nei complessi monasteriali armeni medioevali. Oltre a servire come ingresso alla chiesa, poteva fungere anche da sala di riunione.

Stemma della famiglia degli zhamatun Papak e Ruzukan scolpito nella propria cappella funeraria, anch’essa in una grotta all’interno della chiesa.

Stemma della famiglia degli zhamatun Papak e Ruzukan scolpito nella propria cappella funeraria, anch’essa in una grotta all’interno della chiesa.

Sul piano strettamente architettonico, gli edifici di Ghegard presentano una qualità ed una precisione eccezionale nel lavoro d’intaglio della pietra, cesellata come un’opera di oreficeria. Ciò è reso possibile da un tufo molto duro. Le sette chiese a pianta quadrata e i cimiteri dei nobili presentano, per la pianta rettangolare e l’abbondanza di elementi architettonici, come capitelli lavorati, decorazioni, bassorilievi, pennacchi a tromba delle cupole, caratteristiche legate in generale alla logica dell’architettura colta. Nel 2000 il complesso di Geghard è entrato a far parte del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.

Nel corso della visita abbiamo assistito a un bellissimo coro polifonico tardo-medioevale di voci maschili e femminili e a un battesimo.

Siamo quindi giunti a Garni, sette chilometri da Geghard, a visitare l’unico tempio pagano armeno rimasto intatto. Il tempio fu edificato nel I secolo d.C. dal re Tiridate I di Armenia. La costruzione fu forse realizzata grazie al denaro che il re armeno ricevette dall’Imperatore Nerone durante la sua visita a Roma. Il tempio era probabilmente dedicato al dio Mitra.

Ma già nel 301, prima Nazione del mondo, l’Armenia riconobbe il Cristianesimo come religione dello Stato e vennero costruite chiese cristiane, diverse delle quali fondate su quelle pagane.

Ritornati a Yerevan ci siamo recati al Palazzo dell’Assemblea Nazionale (l’Armenia ha un Parlamento con un’unica Camera) per essere ricevuti dallo Speaker Hovik Abrahamyan, alla presenza di Koryn Nahapetyan, Presidente della Commissione Permanente per la Difesa, la Sicurezza nazionale e gli Affari interni e di numerosi parlamentari armeni e funzionari. Il nome del Parlamento armeno è Azgayin Zhoghov (Assemblea Nazionale) ed è composto da 131 membri eletti con un mandato di quattro anni, 56 eletti con sistema maggioritario, 75 con sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 5%.

E’ stato un incontro formale ma franco e privo di retorica, valorizzato anche dallo svolgersi negli ultimi vent’anni di rapporti positivi tra i due Paesi, a partire dal riconoscimento da parte dell’Italia della Repubblica Armena e dall’apertura dei rapporti diplomatici, come ha ricordato l’On. Sandra Zampa, nel suo intervento in qualità di Presidente del Gruppo di Amicizia con l’Armenia, aggiungendo che all’Armenia è doveroso restituire la solidarietà, l’amicizia e il sostegno, spesso promesse dalle Potenze europee ma poi tragicamente negate nei momenti più difficili della storia, a fronte di interessi economici e politici. L’On. Zampa ha poi illustrato la proposta di legge d’iniziativa dei deputati Zampa, De Torre, Barbieri, Mario Pepe, Laganà, Fortugno, Schirru, Samperi, De Biasi, Binetti, presentata il 7 novembre 2011 per l’istituzione della giornata (il 24 aprile) in ricordo del genocidio del popolo armeno, con oltre un milione e mezzo di Armeni sterminati a opera dell’Impero Ottomano nel 1915.

Il Presidente dell’Assemblea Nazionale Hovik Abrahamyan

Il Presidente dell’Assemblea Nazionale Hovik Abrahamyan

Tanto l’iniziativa quanto le motivazioni contenute nella proposta di legge vengono molto apprezzate. Il Presidente dell’Assemblea affronta anche il tema del conflitto con l’Azerbaijan per il Nagorno-Karabakh, ricordando come l’OSCE sia oggi mandataria per il negoziato e come l’Armenia sia disponibile a giungere a un compromesso, basato sulla fine di ogni atto di forza e sui principi del diritto all’autodeterminazione delle Nazioni e alla intangibilità dei confini.

Ha tuttavia suscitato una viva apprensione e preoccupazione il gravissimo atto compiuto dall’Ungheria, che ha recentemente estradato in Azerbijan l’ufficiale azero Ramil Safarov, condannato all’ergastolo per l’uccisione, con un’ascia, di Gurgen Margaryan, ufficiale armeno, avvenuta nel 2004, mentre entrambi si trovavano sul suolo ungherese per un corso di inglese organizzato dalla Nato nel quadro del programma “Partnership for Peace”(!!). Nella sua confessione al Tribunale di Budapest, Safarov ammise di aver assassinato Margaryan, cogliendolo nel sonno, solo perché armeno. Rispedito a Baku, Safarov è stato riaccolto in patria alla stregua di un eroe di guerra e subito graziato. Aggiunge il Presidente Abrahamyan che occorre anche considerare che in Azerbaijan sono in molti a considerare Safarov un eroe, proprio perché ha trucidato per motivi etnici un ufficiale armeno. Pur consapevole delle inaccettabili motivazioni della richiesta di estradizione dell’Azerbaijan, sostenute dalla Turchia,
l’Ungheria, Paese membro dell’UE, ha ceduto alle sue richieste e autorizzato l’operazione, così violando molto gravemente un principio giuridico internazionale e turbando l’intera popolazione armena. L’Armenia si attende in proposito un segnale da parte dell’UE, considerata anche la propria appartenenza, insieme ad altri quindici Paesi, al Patto con l’UE denominato ENP (European Neighbourhood Policy ovvero Politica europea di vicinato), sottoscritto nel 2004 e rafforzato nel 2006 e nel 2007 con l’obiettivo di “evitare l’emersione di nuove linee di divisione tra l’Europa allargata e i suoi vicini, rafforzando la prosperità, la stabilità e la sicurezza di tutti.” L’ENP è sostanzialmente una politica bilaterale tra l’UE e ciascun Paese Partner, arricchita da iniziative di cooperazione regionale e multilaterale.

Grazie all’ENP, l’UE offre ai propri vicini un rapporto privilegiato basato su impegni reciproci basati su valori comuni (democrazia e diritti umani, Stato di diritto, buona governance, applicazione di principi di economia di mercato, sviluppo sostenibile).

Le difficoltà nei rapporti dell’Armenia con l’Azerbaijan e la Turchia sono alimentate anche da altri episodi, come l’assassinio nel 2007 a Istanbul di Hrant Dink, giornalista ed editore di origine armena, fondatore e direttore del giornale “Agos” per la promozione del dialogo tra Armeni e Turchi. Questa sua attività si scontrò con l’estremismo e l’intolleranza turchi.

Nell’ottobre 2004 Hrant Dink era anche stato condannato a sei mesi di prigione per il reato di “offesa alla turchicità”, previsto dall’articolo 301 del codice penale, poi modificato con “offese alla Turchia” su richiesta della UE in occasione della candidatura della Turchia a divenire Paese membro, in quanto non conforme all’ordinamento giuridico comunitario e ai principi di liberalità e democrazia, fondamenti ineludibili del diritto e della civiltà europea.

Nonostante questi precedenti, interessata a sviluppare una politica di pace e di rapporti di buon vicinato, l’Armenia sottoscrisse nel 2010, senza precondizioni, il Protocollo per lo Sviluppo di Relazioni tra Repubblica di Turchia e Repubblica di Armenia, in campo politico, economico, energetico, scientifico, tecnico, culturale, “sulla base della fiducia e del rispetto dei reciproci interessi”, “tenendo presente l’obiettivo comune di cooperare per migliorare la stabilità e la sicurezza regionali al fine di garantire una sviluppo democratico e sostenibile della regione” e “reiterando l’impegno per una soluzione pacifica delle dispute e dei conflitti regionali e internazionali sulla base delle norme e dei principi giuridici internazionali”. Il Protocollo prevede la messa in opera di un “dialogo di portata storica con l’obiettivo di ristabilire fiducia reciproca tra i due Paesi, includendo un’indagine scientifica super parte sui documenti e sugli archivi storici per stabilire i problemi esistenti e formulare raccomandazioni”. Ma la
tempistica prevista dal Protocollo per la realizzazione del contenuto dello stesso non è stata rispettata e anzi non è mai decollata
poiché la Turchia ne ha condizionato il proseguo a esigenze frapposte dal suo alleato etnico azero.

L’incontro è terminato con l’impegno del Presidente dell’Assemblea nazionale armena a non demordere nei tentativi di giungere a soluzioni pacifiche e costruttive dei conflitti aperti e, da parte del gruppo italiano, con l’impegno a sostenere questi tentativi anche a livello europeo.

La giornata si è infine conclusa allo stadio di Yerevan per assistere alla partita di calcio Armenia-Italia: 1-3 a favore dell’Italia, ma una maglietta con la scritta “Forza Armenia – Viva l’Italia”, donataci all’arrivo in Armenia in vista di questo incontro, testimoniava lo spirito della nostra presenza.

Sabato 13 ottobre. La giornata inizia con la visita al quartiere Cascade-Cafesjian, dedicato alle arti.

Gerard L. Cafesjian, imprenditore e filantrapo americano di origine armena, nacque a Brooklyn, NY, nel 1925. Dopo aver servito nella Marina americana nella seconda guerra mondiale si è laureato in economia e in giurisprudenza per iniziare nel 1952 una brillantissima carriera nella West Publishing, ove rimase per 44 anni, sino a divenirne Vice Presidente Esecutivo.

Quando la Thompson Reuters acquisì la West, Cafejian si ritirò per dedicarsi alle attività filantropiche, finalizzate principalmente al sostegno dell’Armenia, alla valorizzazione della sua storia e della sua cultura. Suo padre, Leon Cafesjian di Sivas, aveva perso i
genitori e tutta la sua famiglia nel corso del Genocidio. Nel 1996 creò la Fondazione Famiglia Cafesjian per il sostegno delle cause armene, la promozione del benessere degli Armeni, il sostegno al superamento della tragedia del Genocidio al fine di dare continuità al loro storico ruolo di protagonisti nel progresso dell’umanità.

Tra le tante donazioni, molte sono state finalizzate alla cultura e al sostegno dell’educazione e della sanità in campo pediatrico in
Armenia, alla creazione di una rete informatica per tenere collegati gli studenti armeni o di origine armena sparsi in tutto il mondo (il “Narod Network Project”), fornendo loro e ai loro insegnanti supporti in campo pedagogico e informatico, e incoraggiandoli a utilizzare la lingua armena.

Ha finanziato la realizzazione dell’autostrada Nord-Sud del Nagorno-Karabakh. Ha promosso attività in Armenia per la creazione di posti di lavoro e lo sviluppo di un’economia sostenibile attraverso programmi nell’energia rinnovabile, nelle telecomunicazioni, nell’editoria, nell’informatica. Tenendo sempre d’occhio il rafforzamento del legame tra l’Armenia e la Diaspora, specie quella americana. Ha anche investito oltre 17 milioni di dollari per la creazione a Washington di un Museo d’America del Genocidio Armeno.

Nel 1999 venne inaugurato a Yerevan il Cafesjian Center for the Arts, al quale Gerard Cafesjian ha prestato importantissime opere d’arte provenienti dalle sue collezioni, rendendole così usufruibili a centinaia di migliaia di visitatori.

 

Fernando Botero, guerriero romano, 1985-1986, bronzo, 4,4 metri di altezza

Fernando Botero, guerriero romano, 1985-1986, bronzo, 4,4 metri di altezza

Fernando Botero, gatto, 1999, bronzo, 2,5 metri di altezza

Fernando Botero, gatto, 1999, bronzo, 2,5 metri di altezza

Fernando Botero, donna che fuma una sigaretta, bronzo

Fernando Botero, donna che fuma una sigaretta, bronzo

Ji Yong-Ho, artista coreano, scultura di animale

Ji Yong-Ho, artista coreano, scultura di animale

Barry Flanagan (1941-2009), bronzo

Barry Flanagan (1941-2009), bronzo

Lynn Chadwick (1914-2003), scultore inglese. La collezione Gerard L. Cafesjian include tre sue opere.

Lynn Chadwick (1914-2003), scultore inglese. La collezione Gerard L. Cafesjian include tre sue opere.

Dopo la visita al quartiere artistico di Yerevan, abbiamo preso la direzione del lago Sevan, per raggiungere la residenza del Presidente della Repubblica. Il lago Sevan è il più alto della regione, a 1800 metri sul livello del mare, e il più grande dell’area transcaucasica. E’ un grande serbatoio naturale di acqua dolce per l’Armenia.
Per arrivarci si attraversano straordinari paesaggi. Veniamo accolti con semplice cordialità dal Presidente della Repubblica d’Armenia Serzh Sargsyan, dalla figlia Anush, laureata in scienze politiche e con esperienze nella carriera diplomatica e dal marito di quest’ultima, Mikayel Minasyan, laureato in Italia e con esperienze di lavoro al Parlamento Europeo. Serzh Sargsyan è il terzo Presidente della Repubblica armena, eletto nel 2008. Nato nel 1954 a Stepanakert, attuale capitale del Nagorno-Karabakh, ha studiato nell’Università Statale di Yerevan, laureandosi in filologia. Ha svolto il servizio militare nelle forze armate sovietiche. Dalla moglie Rita ha avuto due figlie, Anush and Satenik.

E’ anche Presidente della Federazione Armena di scacchi, di cui è un appassionato giocatore e che costituisce materia di studio nelle scuole del Paese. All’incontro partecipa il rappresentante dell’impresa italiana Renco di Pesaro, uno dei principali investitori stranieri in Armenia nel campo delle infrastrutture e della ricezione alberghiera. Dopo il brindisi del Presidente che sottolinea le aspirazioni alla pace e a uno sviluppo economico del Paese, per le quali sono necessarie garanzie internazionali sulla autodeterminazione della Nazione e la sicurezza, la Presidente del Gruppo di Amicizia on.le Sandra Zampa ricambia assicurando la solidarietà e il sostegno italiano.

Sargsyan ha sin qui lavorato per operare cambiamenti nel Paese per una progressiva integrazione nel contesto internazionale e nelle sfide dell’economia globale. Le relazioni internazionali sono cruciali per l’Armenia. Il 70% del commercio passa per i porti della Giorgia che si affacciano sul mar Caspio. I rapporti con la Turchia e l’Azerbaijan restano tuttavia difficili nonostante i continui sforzi dell’Armenia e la sua disponibilità a ricercare un quadro pacifico, affidandosi soprattutto agli Organismi internazionali come l’Osce e l’ONU per dirimere le questioni irrisolte.

L’educazione e la cultura restano strumenti fondamentali per la crescita del Paese e anche per la costruzione di relazioni internazionali pacifiche. Infatti l’Armenia è oggi uno dei più avanzati centri scientifici dell’ex Unione Sovietica. Il Paese da mezzo secolo ha un tasso di alfabetizzazione del 99%. Le scienze applicate, come la fisica, la matematica, la chimica, la microbiologia, l’ingegneria e la medicina sono i pilastri della base scientifica e didattica dell’Armenia. Non mancano tuttavia indirizzi di tipo giuridico e umanistico (Filologia, Studi orientali, Giornalismo, Filosofia, lingue romanze, psicologia, sociologia).

L’Armenia, con una popolazione di soli 3,2 milioni di abitanti, ha 18 università statali, di cui 8 gestite da organizzazioni internazionali, tra le quali spiccano l’American University e la Fondation Université Française en Arménie, oltre a venti università private. Molte università in Armenia hanno migliaia di studenti, professori e dottorandi stranieri provenienti da tutto il mondo.

Ogni sforzo è stato messo in campo per affrontare a livello trilaterale i problemi tuttora aperti con Turchia e Azerbaijan al fine di normalizzare le relazioni, aprire le frontiere, risolvere il conflitto nel Nagorno-Karabakh. La nostra Repubblica, ha detto il Presidente, è entrata in una nuova fase della sua storia, che necessita, tuttavia, la soluzione dei problemi a livello regionale e quelli legati agli interessi delle superpotenze a livello internazionale. Non è sufficiente la nostra valutazione pragmatica e non-emozionale della situazione, occorre compiere, non solo da parte nostra, passi consistenti per raggiungere gli obiettivi della stabilità e della pace. Per lo sviluppo economico del Paese sono fondamentali le iniziative volte alla creazione di migliaia di
nuovi posti di lavoro, l’apertura di nuovi mercati, il supporto all’apertura di nuove aziende. Opportunità per investitori internazionali sono oggi aperte e sostenute sul piano delle agevolazioni fiscali, anche attraverso il godimento di un regime di
esonero dal pagamento di diritti doganali nella vasta area della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), zona di libero scambio ed unione economica fra nove delle Repubbliche dell’ex Unione Sovietica.

Il Presidente ha inoltre sottolineato i successi della lotta contro la corruzione, verso la quale non vi è alcuna tolleranza, per garantire un regime di Stato di diritto con una economia competitiva, un sistema giudiziario autonomo e uguali opportunità per tutti i cittadini.

Dopo la colazione offerta dal Presidente abbiamo compiuto una visita di cortesia, presso l’Ambasciata d’Italia al numero 5 del Viale Italia di Yerevan, all’ambasciatore Bruno Scapini.

Subito dopo siamo andati al Memoriale del Genocidio Armeno, per deporre un garofano bianco ai piedi del fuoco sacro, e per visitare il vicino Istituto-Museo del Genocidio.

 Cartolina stampata per il 90° anniversario dell’ “Armenia violentata”.

Cartolina stampata per il 90° anniversario dell’ “Armenia violentata”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Monte Ararat (in armeno “luogo creato da Dio”) è la montagna sacra dell’Armenia, dove si posò l’Arca di Noè. E’ in territorio turco dopo il Trattato di Kars del 1923 fra l’Unione Sovietica e la Turchia che lo assegnò a quest’ultima. L’Ararat, 5.165 metri di altezza, sorge a pochi chilometri dal confine con la Turchia, è ben visibile da Yerevan ed è proprio di fronte al Memoriale.

La giornata si è conclusa con la visita alla Casa-Museo di Sergej Parajanov, celebre e celebrato regista dissidente dell’URSS di origine armena. Sergey Parajanov (Sarkis Parajaniants), Armeno, nacque il 9 gennaio 1924 a Tbilisi in Georgia, URSS, da Siranush Davidovna Bezhanova (Bezhanian) e Joseph Sergeevich Parajaniants. Dopo le scuole superiori entrò al VGIK – Istituto Statale Gerasimov di Cinematografia di Mosca per il corso di regia sotto la guida di Igor Savchenko. Nel 1952 iniziò a lavorare come regista a Kiev all’ Alexander Dovzhenko Film Studio.

Il suo primo film che ebbe risonanza internazionale, e, con essa, problemi con le autorità sovietiche, fu “Le ombre degli avi dimenticati” del 1964. Nel 1965 iniziò a girare il film anti-militarista “Affreschi di Kiev”, presto bandito. Nel 1966 venne invitato in Armenia, ove lavorò a un film su Sayat-Nova, pseudonimo di Harutyun Sayatyan, considerato il più grande poeta armeno del Settecento, le cui liriche in lingua armena, azera, persiana, georgiana, in un periodo di oppressione culturale, rappresentarono una testimonianza straordinariamente vitale di amore per la vita e per la natura. Il film uscì nelle sale cinematografiche con grandi difficoltà nel 1969 con il titolo “Il colore del melograno”, considerato il suo miglior lavoro, dopo il quale, per ben quindici anni, fu privato della possibilità di lavorare, poiché il suo linguaggio cinematografico poetico venne giudicato troppo lontano dall’”Arte ufficiale sovietica”. Vennero anche prodotte false accuse contro di lui, con conseguenti arresti e lunghe incarcerazioni in Ucraina e in Giorgia.

Non potendo in quegli anni fare il regista, si dedicò all’arte figurativa e in particolare al collage. Ebbe infatti a dire: “essendomi impedito di fare film, ho iniziato a fare collage, che sono film compressi.” Negli ultimi anni della sua vita realizzò due film per la «Georgia-film studio”: «La leggenda della fortezza di Suram” nel 1984 e, nel 1988, «Ashik-Kerib», ispirato a un racconto di Mikhail Lermontov, che fornisce un ritratto della cultura azera ed è dedicato al suo amico Andrei Tarkovsky, deceduto due anni prima.


La casa-museo è un tributo dell’Armenia a questo suo straordinario figlio, poeta-regista-artista. Essa raccoglie migliaia di suoi lavori, collage, disegni, assemblaggi, installazioni, sceneggiature e appunti scritti negli anni di reclusione.

 

 

 

 

 

La casa-museo doveva accogliere Parajanov affinchè vi trascorresse i suoi ultimi anni di vita, e per questo in alcune stanze erano stati raccolti arredi e oggetti della sua infanzia: tuttavia non fece in tempo a trasferirsi qui, morendo poco prima dell’inaugurazione della casa. Nel museo si possono ammirare fotografie che lo ritraggono con personaggi del mondo del cinema come Marcello Mastroianni e, tra i disegni a lui dedicati, alcuni molto belli di Tonino Guerra.

 

Il giorno successivo, domenica, con il bagaglio pronto per il ritorno, abbiamo incontrato il Patriarca Supremo della Chiesa Apostolica Armena SS Karekin II, Catholicos di tutti gli Armeni.

Accompagnato da un giovane Vescovo della Chiesa Apostolica Armena, il Patriarca ci ha ricevuto nella sala delle udienze. Ha aperto il dialogo con alcune importanti affermazioni sulla posizione della Chiesa di cui è Patriarca, la quale è guidata da tre principi: l’impegno a ricercare e mantenere l’unità nelle questioni importanti con le altre Chiese cristiane; libertà nella definizione delle questioni secondarie; amore nei rapporti reciproci. Esprime soddisfazione per il progressivo avvicinamento nei rapporti tra lo Stato italiano e quello armeno, a partire, nel 2000, dal riconoscimento italiano del genocidio armeno.

La Chiesa armena non interferisce nella politica nazionale, è impegnata nella ricostruzione della propria presenza nel territorio, dopo così tanti anni di ostacoli e impedimenti alla libertà di culto.

Come recita la motivazione del dottorato honoris causa in teologia pastorale giovanile al Patriarca di tutti gli Armeni, conferito nel 2008 dalla Università Pontificia Salesiana di Roma “nel 301 l’Armenia era già cristiana: fu il primo Paese ad abbracciare ufficialmente la fede. Ma la storia di questa Chiesa antichissima è stata segnata dal martirio e da tragiche persecuzioni, ha vissuto un’epoca oscura durante il regime sovietico, anche se i credenti hanno contribuito alla ricostruzione materiale e spirituale della loro terra. La loro guida, dal 1999, Sua Santità Karekin II, 132° patriarca supremo e Catholicos di tutti gli Armeni, ha costruito chiese, ma soprattutto ha promosso un’intensa opera educativa, a partire dalla formazione dei formatori. L’Armenia è una terra dove l’annuncio del Vangelo ebbe una forza propulsiva, anche grazie gli insegnamenti dei monaci. Nel corso degli anni i rapporti tra Santa Sede e Chiesa apostolica armena hanno avuto un felice sviluppo; oggi sono di grande cordialità. Nel dialogo importante tra Chiesa cattolica e Chiese ortodosse orientali, quella armena partecipa attivamente.”

Il popolo armeno è oggi molto giovane, le nascite sono molte e tanti adulti sono emigrati. Anche il clero è in via di ricostituzione e molti giovani hanno la vocazione sacerdotale. L’incontro è proseguito con domande dei partecipanti al Gruppo di Amicizia e un dialogo aperto e franco. Viene interrotto, dopo oltre un’ora, dalle esigenze del rito religioso domenicale, al quale, in parte, sino all’ora prevista per la partenza, abbiamo partecipato.

 

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