L’inclusione dei minori stranieri, un investimento per il futuro del nostro Paese

L’inclusione dei minori stranieri

Scheda di Sandra Zampa presentata al primo forum nazionale del Pd sull’infanzia e l’adolescenza – Palermo, 30-31 marzo 2012

La Cittadinanza è prima di tutto
il diritto ad avere diritti

Hannah Arendt

Chi sono i minori di cui parliamo. Persone di età inferiore ai diciotto anni che si trovano a vivere al di fuori del proprio paese di origine e che emigrano volontariamente (al seguito o meno di uno o più famigliari) o forzatamente. In questa definizione sono compresi anche i minori stranieri non accompagnati (msna),  e i minori adottati e include i minori provenienti sia dai paesi membri UE che da paesi non comunitari.

Quanti sono. Occorre la somma di due dati distinti per avvicinarsi al dato più realistico. Il primo è  rappresentato dai minori stranieri residenti (al 2010) pari a 932.675, pari al 23% del totale della popolazione straniera residente in Italia.  I minori residenti nati in Italia sono il 60% del totale dei minori stranieri residenti. Il secondo dai minori non residenti (msna, richiedenti asilo, con permesso di soggiorno) stimabile in 6-7 mila

Le tendenze in atto. E’ sufficiente guardare le tabelle statistiche per rendersi conto del mutamento in corso nel Paese: dal 1993 al 2008 gli stranieri iscritti all’anagrafe per nascita sono passati da 7.000 a 72.472. E’ la cosiddetta “seconda generazione”  che, pur essendo “nata” in Italia, non può essere accomunata ai propri coetanei autoctoni perché priva di cittadinanza fino alla maggiore età quando sarà possibile scegliere, se in possesso dei requisiti previsti dalla legge, tra quella dell’Italia e quella del paese d’origine dei genitori.

L’inclusione. Il valore di questo termine è apprezzabile quando lo si contrapponga a esclusione. Dove non si lavora per l’inclusione si produce esclusione con tutte le conseguenze che ne derivano.

Perché includere. Le politiche per l’inclusione, in particolare quando si tratta di minori, non rispondono solo ai diritti e ai doveri,  ai principi della Convenzione ONU, ma sono l’unica risposta efficace al cambiamento in atto della società. Le politiche per l’inclusione governano l’immigrazione per renderla un’opportunità di crescita economica e culturale invece che un problema. Sono il cemento della convivenza civile e rispettosa di una società formata da persone “uguali e diverse”. L’inclusione è sempre il frutto dell’uguaglianza la quale altro non è che l’uguaglianza nei diritti fondamentali (Art. 3 della Costituzione, sesso, nazionalità, religione..). “Razzismo, sessismo e classismo sono sempre, infatti, il riflesso perverso della disuguaglianza giuridica nei diritti. Sempre, la percezione degli altri come uguali è stata assecondata dalla loro uguaglianza nei diritti; laddove, inversamente, la mancanza o la discriminazione nei diritti ha sempre assecondato la percezione degli altri come inferiori naturalmente o socialmente perché inferiori giuridicamente” (Ferrajoli)
Lo strumento più efficace per produrre inclusione dei minori è la scolarizzazione.

La scuola rappresenta la più importante delle risorse per educare quella nuova generazione di cittadini che negli anni a venire costituirà la base della nazione. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, proclamata dall’ONU sessant’anni fa e la Convenzione sui diritti dell’infanzia (1989) che sanciscono la pari dignità umana e il diritto universale all’istruzione. La Carta dei diritti dell’Unione Europea, e il Trattato di Lisbona che l’ha recepita, perché le nuove generazioni del nostro Paese, insieme con quelle degli altri Paesi dell’Unione, crescano con la consapevolezza di essere i nuovi europei. Parallelamente le leggi che hanno riformato la scuola – leggi nn. 820/71, 517/77, 148/90 – hanno inteso rendere concreto l’approccio inclusivo della scuola italiana, dapprima nei confronti degli alunni disabili e via via dei minori stranieri, estendendo il tempo-scuola, promuovendo le classi aperte, potenziando la professionalità e la collegialità del corpo docente. È quanto mai opportuno, anzi necessario e urgente, che si promuova ora una legislazione in grado di sostenere la presenza dei minori immigrati in Italia investendo sulla loro istruzione nel quadro dell’integrazione secondo l’orizzonte costituzionale e con l’obiettivo del conseguimento di buoni risultati.
Il fondamento su cui si costruisce l’inclusione è la cittadinanza poiché, come Hannah Arendt ci insegna,

“la cittadinanza è prima di tutto il diritto ad avere diritti”.

Si deve poter assicurare ai minori che nascono, vivono e si formano nel nostro Paese uguaglianza, parità di accesso ai servizi e alle professioni. La cittadinanza è un diritto fondamentale, è una priorità civile. L’Italia è un unicum in Europa, in Francia, Germania e Inghilterra l’acquisizione della cittadinanza è più facile e legata al concetto dello Jus solis.  La cittadinanza italiana ai minori di età nati in Italia è un investimento per il futuro del nostro Paese. E’ un atto di realismo che non dovrebbe avere bisogno di coraggio, ma di senso della civiltà, della democrazia, di giustizia sociale e di lungimiranza.  Nulla potrebbe essere più ipocrita che accettare i processi di globalizzazione più favorevoli sul piano economico respingendoli invece sul piano dei diritti.

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